Freidenker 07/2005.pdf

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(file: @@freidenker-200507.pdf@@)libero pensatore 90. Jahrgang Nr. 7 Juli 2005 "Mar adentro" (= "Hinein ins Meer") lautet der Titel eines gegenwärtig noch laufenden Films über das Recht auf einen selbstbestimmten Tod. Er spielt auf Verschiedenes zugleich an: auf den Unfall des Sterbewilligen, der sich bei einem Sprung ins Wasser den Rücken verletzt hatte; auf seinen Wunsch, damals ertrunken zu sein oder bald zu sterben; auf die Symbolwerte des Wassers als Element des Lebens wie des Todes, Symbolwerte, die durch ihre Gegensätzlichkeit auch die perspektivische Doppelwertigkeit des Lebens spiegeln und so die Frage nach seinem objektiven Wert als unbeantwortbar erweisen. Der Film ist ebenso tiefsinnig wie ausdrucksstark und in jeder Beziehung eine Meisterwerk, das seinen Oscar verdient. Zum Inhalt. Der über vierzigjährige Ramón ist nach einer überaus glücklichen Jugend querschnittgelähmt und wartet seit 27 Jahren auf das Ende des ihm sinnlos erscheinenden Leben. Gleich zu Beginn betont der zum Liegen Verdammte, dass er nur ein Recht, nicht aber eine Pflicht zu sterben geltend mache: er wolle kein Urteil über andere fällen, auch Behinderte hätten ein Recht zu leben, nur habe er ein entsprechendes Recht, sein für ihn würdeloses Leben zu beenden. Mit dieser eigentlich selbstverständlichen Differenzierung distanziert er sich unmissverständlich von der menschenverachtenden Auffassung der Nazis, wonach das Dasein Behinderter wertlos sei. Leider müssen Befürworter des Freitods auch heute noch darauf hinweisen, dass sie nur für den Freitod schwer Leidender eintreten, weil die in der Zementierung des Un"Todessehnsucht aus Liebe zum gelebten Leben" "Mar adentro“ (Alejandro Amenábar, Mateo Gil). Filmbesprechung zum Thema Recht auf Sterben Seiten 1, 6-7 Leben und Sterben: Hinein ins Meer wahren versierten Kirchen meist so infam sind, sie demagogisch mit der Nazi-Ideologie in Verbindung zu bringen. Im Film bestätigt dies die Szene vor dem Gerichtsgebäude, wo hysterische Freitodgegner gegen Ramón demonstrieren, als wäre er ein Mörder: "Wen habe ich denn getötet?" fragt er treffend. ihn zum lebenden Wrack machte, genoss er das Leben eines normalen stattlichen Mannes, ein aktives und erfolgreiches Leben mit Freunden und Freundinnen. Dieses Leben kommt ihm immer wieder in den Sinn als etwas für immer Verlorenes, dessen Kontrast das gegenwärtige Elend nur noch schärfer betont. Trotzdem lächelt Oft hört man den geradezu blödsinnigen Einwand, Sterbewillige könne man nicht ernst nehmen, weil sie seelisch schwach seien oder zu sehr unter Leidensdruck stünden, als dass sie nüchtern urteilen könnten. Davon abgesehen, dass Urteile immer mit Emotionen zusammenhängen und mit ihnen dort, wo es um Werte geht, schon aus logischen Gründen zusammenhängen müssen, ist Ramóns seelischer Zustand weit von Schwäche oder Duselei entfernt. Vor dem Unfall, der "Der Gottesbegriff steht mit willkürlich erdichtetem Unsinn auf gleicher Stufe." Der Physiker Alfred Bahr entlarvt den Gottesbegriff als Leerformel. Seiten 5-6 Ramón immer wieder, – nicht etwa aus einer tiefer verankerten Zufriedenheit heraus, sondern, wie er sagt, im Sinne einer Art zu weinen, die der Lage angepasst ist: das heisst, er ist trotz allem sozial geblieben, was seine seelische Stärke beweist. Diese Stärke liegt in Ramóns Charakter begründet; sie wäre aber nicht möglich ohne die Angehörigen, die ihn liebevoll umsorgen. Ramón erfährt zudem noch zweimal   Seite 6 "Konfessionsfreie als dritte Konfession etablieren," fordert der Kulturwissenschaftler Horst Groschopp: humanistisch und mit berechtigten eigenen Interessen. Seiten 3-5 FREIDENKER 7/05 1 Libero pensatore Zone oscure della rinascita religiosa Quando la religione diventa etica mostra di avere un concetto molto basso di Dio. Lo assume come un precettore, un educatore, un legislatore, un concetto che non induce né a fede né a speranza. È nell’interesse della religione portarsi fuori dall’etica. Benedetto XVI, il nuovo Papa, ha definito il nostro presente, le democrazie caratterizzate dalla dittatura del relativismo etico. Egli ha una concezione della democrazia priva di autosufficienza, bisognosa di valori esterni, in questo caso quelli religiosi, per sussistere. Non trova nella democrazia quella presenza di ideali come quelli di uguaglianza, di libertà, di dignità della persona che invece provengono dal suo proprio interno. Appiattire tutte le posizioni etiche, filosofiche e anche politiche sul relativismo è un grande errore. Le nostre democrazie sono società pluraliste, anzi la democrazia nasce dalla stanchezza per le guerre di religione che hanno insanguinato l’Europa tra il 500 e il 600, quando si volevano affermare con la forza dei valori religiosi e politici. La democrazia nasce quando si fa un passo indietro rispetto a questa pretesa di imporre agli altri fedi e credenze politiche. E non è neppure vero che la democrazia e la laicità portino necessariamente con loro il relativismo. Esiste un valore assoluto che è quello della compatibilità fra tutti i valori. Nell’odierno disorientamento sui valori si inserisce il tentativo di supplenza da parte della Chiesa che invade così quello spazio di neutralità che è tipico del laicismo. Deve esistere uno spazio in cui nessuno pretende di imporre agli altri le proprie credenze. Con la presenza della religione nello spazio pubblico, come per esempio con il dibattito sulla fecondazione assistita in Italia, c’è il rischio di violare i diritti dei cittadini. La Chiesa ha tutto il diritto di fare propaganda e di rappresentare i suoi valori, il problema è che non deve fare pressione sullo Stato. Il punto non è di alzare barricate ma di riconoscere che non c’è il bisogno di importare i valori dall’esterno, di farseli prestare dalle chiese e che c’è una grande tradizione politica, filosofica, Perché, si chiedono in molti oggi, il secolo XXI è religioso? È stata data una doppia risposta. La prima rinvia al bisogno di identità che sta attra-versando più o meno tutte le civiltà e culture del mondo. La seconda all’insufficienza delle risposte laiche al bisogno di senso, specialmente in Occidente, dove sono crollate le magnifiche sorti progressive, ed è rimasta l’angoscia di fronte alla sofferenza e alla morte. Ma c’è anche chi indica che la Chiesa ha ormai rinunciato alla gestione del sacro per diventare una lobby come tante altre. Dio è mistero, e la Chiesa dovrebbe essere canto, gesti, liturgia; il Papa dovrebbe parlare di Dio, non dell’etica. Il sacro si esprime nella distanza e se la distanza si annulla è il disastro... Il Vangelo non è né etica né bioetica. Se c’è una possibilità per il cristianesimo di recuperare un rapporto con il sacro questa possibilità passa attraverso la rinuncia da parte del cristianesimo a legiferare in sede morale, perché non c’è commisurabilità tra il sapere umano e il sapere divino, quindi non si può costringere il giudizio di Dio nelle regole con cui gli uomini hanno organizzato la loro ragione e confezionato le loro morali. L’etica non è cosa grandissima. È soltanto un insieme di regole che gli uomini si sono dati per ridurre la conflittualità tra di loro. E allora, se il mondo religioso interviene sul piano etico vuol dire che ha altri scopi, cioè fissa una precettistica in modo tale da insinuare quella macchina infernale che è il senso di colpa. E la macchina del senso di colpa non è né la macchina della fede né la macchina della speranza, né dell’amore. Quindi, o la Chiesa consente alle società civili di darsi le regole che esse sono in grado di definire anche da sé, magari facendo appello al semplice buon senso, e rinuncia così a precettare ovunque, dalla materia sessuale, alla materia scolastica, alla materia bioetica, e si mette a parlare di Dio come di colui che è vicino e lontano e da cui non si può ricavare alcun precetto di comportamento medio; oppure prosegue in questo riduzionismo etico e si allontana inesorabilmente dal sacro e bandisce Dio. etica (la lotta per l’uguaglianza, per la giustizia sociale, per la dignità della persona). Il relativismo morale non è un dogma, è solo una convinzione; è il semplice accettare il fatto che i valori morali sono tali se e fino a quando la coscienza morale personale li accetta liberamente come tali. Bobbio ha sempre ricordato con limpida forza che la vera e determinante questione non è quella tra chi si dice ateo e chi si dice credente, ma quella tra chi, per dare un senso alla propria vita, si pone con serietà e impegno queste domande, e cerca la risposta, anche se non la trova, e colui cui non importa nulla e a cui basta ripetere ciò che gli è stato detto sin da bambino. Laico, quindi, è chi affronta i dilemmi morali e politici della condizione di cittadino in piena autonomia, tenendo ben ferme le basi dello Stato di diritto, orientandosi con il principio etico dell’uomo come fine e mai come mezzo, ma rimanendo consapevole che dai principi non discendono risposte bell’e pronte, tanto meno quando si riferiscono alla natura umana. Per questo è sempre disposto a rimettere alla prova le certezze acquisite. Questo non è scetticismo, vuoto relativismo dei valori o agnosticismo, ma esercizio della propria autonomia di giudizio, con la sobria ammissione che su temi tanto difficili come quelli della bioetica, ad esempio, possiamo sbagliarci. Restiamo uomini della nostra ragione limitata e umiliata. Sappiamo di non sapere; una religiosità la nostra del dubbio, anziché delle risposte certe. Quel che si prospetta è un disegno egemonico contro la modernità liberale, un disegno di dominio sulla politica e sulle coscienze. Qualche mese fa il signor vescovo si è intrattenuto con i membri del nostro governo, dandoci un’utile indicazione sugli sviluppi in corso; durante questa sua visita egli ha indicato puntualmente ad ogni membro del governo il contributo (finanziario e non) che lo Stato laico dovrebbe ragionevolmente offrire alla causa cattolica. Forse non è del tutto inutile indicare, nella questione della rinascita religiosa e della fine delle ideologie, anche questi umani, troppo umani, assolutamente terreni risvolti politicoeconomici. Carlo Briccola 2 FREIDENKER 7/05 Dunkelzonen der religiösen Wiedergeburt (Auszüge aus dem nebenstehenden, italienischen Artikel) FVS Delegiertenversammung 2005 Auf die Frage, wieso auch das 21. Jahrhundert noch religiös sei, werden zwei Antworten gegeben: Erstens das Bedürfnis nach einer Identität, zweitens die ungenügenden weltlichen Antworten auf die Sinnfrage, hauptsächlich im Westen nach dem Zusammenbruch des Fortschrittsglaubens. Andere weisen darauf hin, dass die Kirche nunmehr auf das Geistliche verzichtet habe um eine Lobby wie viele andere zu werden. Der neuen Papst bezeichnet die Demokratie als hilflos und auf der Suche nach äusseren Werten, im konkretem Fall der religiösen, um zu bestehen. In ihr finde er die alten Ideale wie Gleichberechtigung, Freiheit, Menschenwürde nicht. Unsere Demokratien sind pluralistische Gesellschaften und die Antwort auf die Religionskriege, die Europa zwischen dem 16. und 17. Jh. verwüstet haben. Demokratie und Weltlichkeit muss nicht zum Relativismus führen, aber es muss einen Raum geben, wo niemand beansprucht, anderen die eigenen Glaubensvorstellungen aufzuzwingen. Die Kirchen sollen das Recht haben, ihre Wertvorstellungen zu fördern und zu propagieren, dabei sollen sie aber keinen Druck auf den Staat ausüben. Der Staat braucht die Werte der Kirchen nämlich nicht. Er hat eine eigene grosse politische, philosophische, ethische Tradition (Kampf für die Gleichberechtigung, für die soziale Gerechtigkeit, für die Menschenwürde). Der moralische Relativismus ist kein Dogma, sondern eine Überzeugung: Akzeptieren, dass die moralischen Werte als solche gelten, wenn und solange das persönliche Gewissen sie frei akzeptiert. Was sich aber heute abzeichnet, ist ein Plan der Vorherrschaft des Religiösen gegen die freie Modernität; ein Plan der Dominanz über die Politik und das Gewissen. Vor einigen Wochen unterhielt sich der neue Bischof Grampa mit den Mitgliedern der Regierung. Aufschlussreich präzisierte er jedem einzelnen Mitglied der Regierung welcher Beitrag der freie Staat (finanziell und auch sonst) vernünftigerweise der katholischen Sache gewähren sollte. Vielleicht ist es nicht ganz unnötig in der Frage der religiösen Wiedergeburt und der Verlust der Ideologien auf diese menschlichen, allzu menschlichen, vollständig irdischen, politisch-wirtschaftlichen Gegebenheiten hinzuweisen. rs/rc Stimmungsbild von der Delegiertenversammlung in Winterthur (Bild: H. Habicht) Humanismus als dritte Konfession? Der nachstehende Beitrag befasst sich mit der Situation der Konfessionsfreien und des Humanistischen Verbandes in Deutschland. Ähnliche Überlegungen werden aber auch in der Freidenker-Vereinigung der Schweiz gemacht. Um hundert Mitglieder zu gewinnen, so sagen Organisationsforscher, muss man mindestens zehntausend ständig praktisch erreichen mit Nachrichten und Angeboten, die ihnen nützlich erscheinen. Unsere Verbände erreichen derzeit mindestens eine viertel Million erwachsene Personen pro Jahr. Um Millionen in Kenntnis zu setzen von dem, was organisierte Humanistinnen und Humanisten für gut und richtig halten, ist also mehr nötig als eine pfiffige Meldung "an die Welt". Definition der Zielgruppe Wer ist die Gruppe, die wir ansprechen? Hier helfen uns die Analysen derer, die uns von kirchlicher Seite nicht nur einfach beobachten, sondern letztlich remissionieren wollen. Im Januar 2000 hat der Erfurter Theologieprofessor Eberhard Tiefensee auf einer Tagung des KolpingBildungswerkes Münster den drastischen Rückgang der organisierten Christen vor allem in den neuen Bundesländern beklagt, ihn als "Supergau der Kirchen" bezeichnet und eine "dritte Konfession" ausgemacht, sozusagen eine Konfession der Konfessionslosen. An dieser Mitteilung, der darauf bezogenen und bis heute andauernden heftigen Debatte ist mehrerlei spannend: 1. Das Wort "Konfession" – also Bekenntnis (siehe Steuerkarte) – ist von kirchlicher Seite bewusst gewählt, obwohl bei dieser "dritten Konfession" keine Gelübde oder Katechismen festgestellt werden können, ihr sogar eine gewisse rational motivierte Objektivitätslust wesenseigen scheint. 2. Die Konfessionsfreien werden als Gruppe wahrgenommen, die zwar an ihren Rändern esoterisch-religiöse Vorstellungen oder Illusionen einer "wissenschaftlichen Weltanschauung" zeigt, die aber in ihren wesentlichen Selbstaussagen und hinsichtlich mehrerer "Gewissheiten" weitgehend identisch ist. In ihr sind Individualität, Selbstbestimmung, Toleranz, Solidarität und Gesellschaftlichkeit (statt Gemeinschaft) positiv besetzt. Es werden Lebensmaximen ohne Gott, Offenbarung und Auferstehung aufgestellt. Ein Leben ohne Religion wird für lebensFREIDENKER 7 /05 3 Fortsetzung von S. 3 wert gehalten. 3. Von den 21,4 Millionen Konfessionsfreien (bzw. Konfessionslosen) sind nahezu die Hälfte der Geburt nach Ostdeutsche. 4. Die Auswertung verschiedener Studien zeigt, dass der Anteil der Konfessionsfreien an der Gesamtbevölkerung im Westen 12-15 Prozent, im Osten aber 65-75 Prozent beträgt; dass im Westen 70 Prozent der Menschen noch einer Kirche wenigstens formal angehören, im Osten nur noch 24 Prozent, dass im Westen etwa 15 Prozent der Bevölkerung wöchentlich in die Kirche gehen, im Osten etwas über 3 Prozent. 5. Die regionale Verteilung der "dritten Konfession" ist ebenfalls unterschiedlich. Dadurch, dass 60 Prozent von ihnen im Westen in Grossstädten leben, in Dörfern und Kleinstädten unter 5.000 Einwohnern dagegen nur zu 7 Prozent (im Osten: 32 Prozent in Grossstädten und 29 Prozent in Dörfern und Kleinstädten) führt dazu, dass im Westen Konfessionslosigkeit mehr tabuisiert ist als im Osten. 6. Im Osten gibt es deutlich mehr Dienstleistungen durch betont säkulare freie Träger – und die Kirchen können die pastorale Grundversorgung gar nicht garantieren. 7. Im Osten wie im Westen wird Kirche zunehmend als Sozial- und weniger als Heilskirche erlebt. Im Osten ist das, was die Kirchen sagen, nahezu unbedeutend (allerdings nicht in der Politik!). Fragen nach Religion und Kirche werden Ostdeutschen erst wichtig, wenn sie sich mit Hilfe des Staates in ihr konfessionsfreies Leben drängeln: Religionsunterricht; kirchliche Sozialeinrichtungen; Entdeckung der Kirchensteuerpflichtigkeit; versuchte Erzwingung der Kirchenmitgliedschaft bei Arbeitsverhältnissen in Diakonie und Caritas. 8. Die Konfessionsfreien im Westen sind meist Kirchen- und Religionsflüchtlinge, mehr Männer als Frauen (60:40) und mehr Ledige als Verheiratete. Hier ist der Bruch mit der Kirche zugleich ein schwieriger Abnabelungsprozess von tradierten familiären Bindungen. Dagegen sind im Osten ganze Familien seit Jahrzehnten konfessionsfrei. 9. Die Konfessionsfreien West haben meist eine Ethik der Autonomie, ver- bunden mit einem emanzipatorischen Lebensverständnis. Man hat sich von Kirche befreit. Die Kirchenferne ist oft intellektuell und kognitiv angelegt. Es überwiegen eher agnostische als atheistische Überzeugungen. Eine "neue Kirche" wird nicht gewünscht, aber Religiöses bleibt wichtig und Privatsache. Auch Spiritualität ist oft positiv besetzt und eine Distanz zu Gott wichtig. 10. Dagegen überwiegt im Osten eine Ethik der Pflicht, verbunden mit der Haltung "Religion für mich nein, Kirche ja (für die, die sie brauchen)". Gott und die Frage danach ist hier gleichgültig und damit Religions- und Kirchenkritik nahezu chancenlos. Der Berliner Theologe Krötke sprach davon, dass im Osten die Menschen "vergessen [haben], dass sie Gott vergessen haben". Dass jemand eine andere "Konfession" hat, ist für Theologen etwas sehr Ernstes, etwas das eigene Bekenntnis Bedrohende. Der Begriff der "dritten Konfession" ist demzufolge im innerchristlichen Diskurs sehr umstritten. 1555 wurden die Kalvinisten als "dritte Konfession" zugelassen. Eine fundamentalistische Kritik warnt heute die Ökumene, eine "dritte Konfession" werden zu wollen. Andere sehen in den Juden, den Moslems oder den Russisch-Orthodoxen in Deutschland die "dritte Konfession". Ausserdem wurde am 19. Juni 1936 die "Ludendorff-Bewegung" vom NSStaat als "dritte Konfession" anerkannt. Dieses weite Debattenfeld wäre für uns nicht zu beackern, hätte nicht Tiefensee festgestellt, dass die Gruppe der Konfessionsfreien, die er "dritte Konfession" nennt, noch gar keinen Namen hat. Schon gibt es von kirchlicher Seite warnende Stimmen, diese "Konfession" – nach holländisch-belgischem Vorbild und in der europäischen Verfassungsdebatte öffentlich geschehen – "humanistisch" zu nennen. Es bleibt festzuhalten, dass die "dritte Konfession" in Deutschland eben nicht einfach als "konfessionslos" wahrgenommen wird. Auf Namenssuche Für den Humanistischen Verband ist dieser Diskurs von Belang: Die Gruppe der "dritten Konfession" wird (ausserhalb von ihm) qualitativ und quantitativ zu einem wissenschaftli- chen Gegenstand. Zudem wird versucht, die "Glaubenswelt" (die Kulturansichten) dieser Gruppe genauer zu ergründen. Schliesslich werden kirchliche Gegenstrategien erörtert und damit auch unsere Strategien. Und endlich: Es wäre für die Kirchen schon fatal, kämen größere Teile der politischen Klasse wie der Medien in unserem Land zu drei Erkenntnissen der wohl realen Lage: 1. Es gibt diese "dritte Konfession" tatsächlich als Gruppe. 2. Sie ist in ihrem Kern "humanistisch". 3. Sie hat berechtigte eigene Interessen und eigene "Sprecher". Die Debatte belegt allerdings auf unserer Seite deutliche Rückstände, diese neue Situation und den anhaltenden Streit darüber zu verarbeiten. Die Zeit der traditionellen Weltanschauungsgemeinschaften ist endgültig vorbei. Aber der Humanismus (zumal der säkulare und praktisch sein wollende) bedarf der Organisation – schon aus historischer Verantwortung im globalen "Kampf der Kulturen". Die Vorstellung, Säkularität sei ein "indifferenter" Zustand, die Interessen und Bedürfnisse der Nicht-Religiösen würden irgendwie automatisch vom "neutralen" Kommerz, freien Trägern oder gar vom Staat übernommen und verwaltet, übersieht die Grundwahrheit jeder "Gesinnung", wie leise sie auch ausgesprochen werden mag und wie eingebunden in den Alltag (wie "unbewusst") sie stets ist: Es gibt sie nur, wenn lebende Subjekte – Menschen also – sie leben, transportieren, entwickeln und ausbauen. Das ist beim Humanismus nicht anders als beim Islam oder Christentum. Ohne (zumindest kommunizierende) Humanisten kein Humanismus. Anerkennung für das Kerngeschäft Das ist bei der ersten wie zweiten "Konfession" nicht anders: Die Kirchenaustritte halten zwar an. Doch alle Umfragen belegen, dass die Kirchen für ihr "Kerngeschäft" gesellschaftliche Anerkennung finden. Sie leisten im Wesentlichen, was sie zu leisten versprechen: Vorgabe eines religiösen Lebens- und Werterahmens; Zusammenhalt einer Gemeinschaft gegen Partikularinteressen; 4 FREIDENKER 7/05 Der Gottesbegriff – eine Leerformel Der Gottesbegriff gehört zu einer Sorte von Begriffen, die prinzipiell nicht zu verifizieren sind. Begriffe, die sich nicht verifizieren lassen, können keinen realen Hintergrund haben und können nur im Gehirn als Gedankengebilde existieren. Zu dieser Sorte von Begriffen gehören die sogenannten metaphysischen Begriffe, wie Götter, Gott und Teufel, Geister und Seelen, wie Himmel und Hölle, wie das Jenseits, wie parallele Geisterwelten oder Übernatürliche Welten usw. usw. Unter verifizieren versteht man, den Nachweis liefern, dass die betreffende Aussage entweder wahr oder falsch ist. Es gibt Aussagen, die unmittelbar verifizierbar sind, und solche, die zwar nicht unmittelbar, aber wenigstens im Prinzip verifizierbar sind. Zum Beispiel ist die Aussage, im brasilianischen Urwald wachsen pechschwarze Äpfel, unmittelbar verifizierbar. Es ist nur eine Expeditionsreise in den brasilianischen Urwald nötig, um herauszufinden, ob diese Aussage wahr oder falsch ist. Eine prinzipiell verifizierbare Aussage wäre: auf dem Mars wachsen pechschwarze Äpfel. Wir können im Moment zwar nicht zum Mars fliegen, um diese Aussage zu verifizieren, aber mit Hilfe einer geeigneten Rakete wäre eine Expedition zum Mars möglich. Die Verifikation dieser Aussage ist also prinzipiell möglich. Natürlich würden die zurückkehrenden Expeditionsteilnehmer berichten, dass auf dem Mars überhaupt keine Äpfel wachsen, dass diese Aussage falsch ist. Aber es ist eine sinnvolle Aussage, weil sie nachprüfbar, weil sie verifizierbar ist. Nicht verfizierbare Aussagen Wenn Aussagen jedoch grundsätzlich weder als wahr, noch als falsch ausgewiesen werden können, wenn sie grundsätzlich nicht nachprüfbar sind, ist es sinnlos solche Aussagen zu machen. Was für einen Sinn soll zum Beispiel die Aussage haben: auf dem Mond leben unsichtbare Mondmännchen. Es lässt sich weder beweisen, dass es unsichtbare Mondmännchen auf dem Mond gibt, noch lässt sich das Gegenteil davon beweisen, nämlich, dass es keine gibt, denn sie sind ja nicht sichtbar und somit nicht nachweisbar. Wer solch eine Aussage macht, sagt nichts anderes als: Auf dem Mond leben nicht nachweisbare Mondmännchen. Metaphysische Begriffe sind leer Genau von dieser Art sind alle metaphysischen Begriffe und Aussagen; sie lassen sich prinzipiell nicht verifizieren und werden in der Philosophie bekanntlich als sinnlose und leere Begriffe und Aussagen bezeichnet. Nehmen wir zum Beispiel den Gottesbegriff. Es lässt sich weder beweisen, dass Gott wirklich existiert, noch lässt sich beweisen, dass Gott nicht existiert. Um die Existenzfrage Gottes zu klären, bzw. um die Aussage: "Gott existiert" zu verifizieren, wäre nämlich eine Expeditionsreise in das Himmelreich bzw. das Jenseits erforderlich, um an Ort und Stelle herauszufinden, ob Gott existiert, oder nicht. Da sich die Expeditionsteilnehmer nun an Ort und Stelle befinden, müsste eine Verifikation der Existenz Gottes unmittelbar möglich sein. Demnach haben wir es hier scheinbar mit einer sinnvollen Aussage zu tun und nicht mit einer sinnlosen, leeren Aussage, wie der logische Positivismus behauptet. Eschatologische Verfikation? In der Sprache der Theologie wird diese Verifikation der Existenz Gottes im Jenseits als "eschatologische Verifikation" bezeichnet. Dieses Argument von der "Verifikation im Jenseits" ist von kirchlichen Philosophen und Theologen tatsächlich vorgebracht worden, um vorzutäuschen, dass der Gottesbegriff kein leerer und sinnloser Begriff sein kann. Dieses Argument von der "Verifikation der Existenz Gottes im Jenseits" ist jedoch fehlerhaft. Wenn eine Universität zum Beispiel eine Expedition in den brasilianischen Urwald entsendet, um die Aussage, im dortigen Urwald wachsen pechschwarze Äpfel, zu verifizieren bzw. zu überprüfen, dann ist diese Verifikation erst nach der Rückkehr zur Universität und nach der Berichterstattung beendet. Und auch die "eschatologische Verifikation" ist erst beendet, wenn die Expeditionsteilnehmer von der Reise ins Jenseits zurückgekehrt sind und uns Lebenden mitgeteilt haben, was sie drüben erfahren haben. Solange sie nicht zurückgekehrt sind, wissen wir Lebenden nicht, ob die Verifikation der Existenz Gottes durchgeführt wurde, oder nicht, d.h., ob Gott existiert oder nicht. Auch wissen wir nicht, ob sie die Reise ins Jenseits überlebt haben. Wir wissen aber eines mit Sicherheit: Aus dem Jenseits ist noch niemand zurückgekehrt. Die "eschatologische Verifikation" der Existenz Gottes ist somit nicht beendet und kann nie beendet werden. Sie ist somit gar keine Verifikation, denn wir   Seite 6 FREIDENKER 7/05 Fortsetzung von S. 3 Rituale in einem weiten Sinne, eingebaut in ein spezifisches Dienstleistungssystem besonders für Hilfen in biographischen Übergangs- und Konfliktsituationen. Auf den Feldern, wo Humanisten etwas Vorzeigbares leisten (weltliche Feierkultur, humanistische Erziehung, Patientenverfügungen und Sterbehilfe), haben sie auch brauchbare Ideen, kommunikative Strukturen und politische Konzepte. Humanismus ist eine Alternative zur Religion, wenn Menschen erfahren können, dass er eine Antwort ist auf die Sinnfragen in dieser Zeit. Die Normalität eines guten gottfreien Lebens, millionenfach gelebt, diesseitig ethisch orientiert, möglichst selbstbestimmt und den eigenen Erfahrungen vertrauend – das ist die eigentliche Kritik an jeder Religion. Hier hat der Humanistische Verband eine historische Verantwortung. Horst Groschopp Zum Weiterlesen: www.horst-groschopp.de/Infos/ Konfession.html 5 Fortsetzung von S. 1 das Glück erwiderter Liebe: einmal mit Julia, der Anwältin, die ihm hilft, ein Buch über das Recht auf Freitod zu publizieren, dann mit Rosa, der einfachen Frau vom Lande, die ihm lange das Recht auf den Tod abspricht, erst grundsätzlich, dann weil sie ihn für sich behalten will. Doch am Ende sieht Rosa ein, dass Liebe, die etwas mit Güte zu tun haben will, den Willen des Geliebten berücksichtigen muss, und verhilft Ramón sogar zum tödlichen Trank. Ein besonders schönes Symbol des Zusammenhangs zwischen Liebe und respektvollem Loslassen-Können ist der Abschied Ramóns von seinem Neffen, als der sonst eher zurückhaltende Bursche seinen Onkel zum ersten Mal umarmt. Der Film behandelt viele Fragen, unter anderem die, ob das Leben ein Besitz sei und wessen Besitz es sei. Ramón denkt hier ebenso nüchtern wie menschlich: er besitzt als wertvollstes Gut seinen Körper, während er selbst niemandes Besitz ist. Man muss hier ergänzen: Wäre jeder Mensch das Besitztum eines anderen oder eines Gottes, so wäre er damit zur Ware degradiert, da man nur Waren besitzen kann, nicht aber etwas Lebendiges, Würdevolles. Es ist bezeichnend, dass der (gleichfalls querschnittge- Mar adentro lähmte) grossspurige Priester, der Ramón von seinem "sündhaften" Vorhaben abbringen will, den Begriff der Menschenwürde als Euphemismus abtut. – Doch zurück zu Ramón! Er hat also noch seinen Körper, doch dieser ist ihm ja schon halb genommen, sodass der Tod keinen Verlust schaffen, sondern nur einen bereits eingetretenen Verlust vollenden würde. So gesehen, verlangt Ramón nicht den Tod als Gegensatz zum Leben, sondern er akzeptiert im Gegenteil den Tod als Folge des gelebten Lebens, als ein Ereignis, das ihn getroffen hätte, wäre er nicht gerettet worden. Mit dieser Annahme des Todes praktiziert er ironischerweise gerade das, was die Kirchen lehren, woran sie sich aber im Interesse ihres eigenen Fortbestehens nicht gerne halten (sie wollen eben Kundschaft, wie Ramón treffend feststellt). Am Rande sei bemerkt, dass die Kirchen auch das gar nicht zur Vorstellung eines gütigen Schöpfers passende Eingeständnis der zufälligen und absurden Aspekte des Lebens scheuen. Und der Geist oder die Seele? Haben sie für Ramón keinen Wert, obwohl er mit ihnen fliegen kann,   Seite 7 Fortsetzung von S. 5 haben weder erfahren, ob es ein Jenseits gibt, noch haben wir erfahren, ob es Gott gibt, oder nicht. Da eine Rückkehr aus dem Jenseits nicht möglich ist, ist eine Verifikation der Existenz Gottes grundsätzlich nicht möglich. Damit ist der Gottesbegriff als sinnloser, leerer Begriff entlarvt und mit ihm auch der Begriff eines Jenseits, eines Nichts, oder einer übernatürlichen Welt, was immer man darunter verstehen mag. Metaphysische Begriffe und Aussagen lassen sich also nicht verifizieren. Es lässt sich jedoch eindeutig zeigen, dass metaphysische Begriffe und Aussagen unsinnig sind. Wir können nämlich ganz willkürlich allerlei Unsinn erfinden bzw. erdichten, wie zum Beispiel Monster- und Fabelwesen, und diese in das "Nichts" oder das "Jenseits", oder auch in sonstige jenseitige oder übernatürliche Welten platzieren. Auch die reale Existenz dieser willkürlich erdichteten und als real ausgegebenen Monster- oder Fabelwesen im Jenseits oder sonstigen jenseitigen Welten kann nicht verifiziert werden. Weder kann bewiesen werden, dass diese Monster- und Fabelwesen wirklich existieren, noch kann bewiesen werden, dass sie nicht existieren, denn eine Verifikationsreise in das Jenseits mit anschliessender Rückkehr in unsere Welt ist nicht möglich. Das Entscheidende jedoch ist, es gibt absolut keine Möglichkeit zwischen Gott, Teufel, Geister und Seelen einerseits und willkürlich erdichtetem Unsinn andererseits zu unterscheiden. Um diesen willkürlich erdichteten Unsinn als Unsinn zu entlarven, wäre die Anwendung eines Verifikationsverfahrens, d.h. eine Expeditionsreise ins Jenseits oder jenen anderen jenseitigen Welten mit anschliessender Rückkehr in die Raum-Zeit Welt erforderlich, und das ist, wie wir gesehen haben, nicht möglich. Da es nun keine Möglichkeit gibt nachzuweisen, welche von diesen Wesensheiten wie Gott, Teufel, Geister, Seelen usw. einerseits und die Monster und Fabelwesen andererseits wirklich existieren, oder Fantasien sind, sind wir berechtigt Gott, Teufel, Geister und Seelen mit willkürlich erdichtetem Unsinn auf gleicher Stufe zu stellen und als Unsinn und Fantasiegebilde, als priesterliche Erfindungen und Erdichtungen zu erklären. Damit ist aber auch der Begriff eines Nichts, oder des Jenseits als leerer, sinnloser Begriff entlarvt. Aber damit ist auch die Vorstellung von der göttlichen Erschaffung des Universums aus dem Nichts als Unsinn und Fantasie ausgewiesen. Alfred Bahr, Athen 6 FREIDENKER 7/05 Fortsetzung von S. 6 FVS Schweiz es gibt einen bedeutsamen Bereich des Geistigen, der mit einem Minimum an Körperlichkeit auskommt, etwa bei einem Wissenschaftler, dessen Forschertätigkeit aus Lesen, Denken und Diktieren besteht. Es ist aber auch klar, dass man niemandem zumuten kann, wegen eines Unfalls ein Gelehrter oder sonst ein "Kopfmensch" zu werden. Menschen sind keine Radioprogramme, die sich nach Belieben wählen lassen. Die Frage, was der Mensch nach dem Tod sei oder erfahre, wird am Ende des Films berührt. Ramón antwortet subtil, dass nach dem Tod nichts komme, so wie vor der Geburt nichts war (also keine wie immer geartete Erfahrung), dass er das aber nicht wisse, sondern einfach spüre, "so wie Grossvater sagt, dass es regnen wird, und dann regnet es auch". Hier beweist Ramón, dass er bescheiden ist, aber nicht auf falsche, eitle Art: ihm ist zwar klar, dass er nichts "weiss", aber auch dass er mit grosser Wahrscheinlichkeit Recht behält. Ramón kann endlich nach seinem Willen sterben. Trotz der Glücksmomente des Liebens und Geliebtwerdens, die das Jahrzehnte dauernde Grundgefühl der Bitterkeit einige Male unterbrachen, kommt in ihm jetzt kein Gefühl der Zufriedenheit auf. Zu flüchtig waren diese Momente, zu lange das Elend unwürdiger Abhängigkeit. Dass es hier wie überall fehl am Platz ist, mit "Gott" zu argumentieren, ergibt sich allein schon aus der Tatsache, dass logischerweise niemand etwas über ein Wesen wissen kann, das unfassbar und undurchschaubar sein soll. Dass es anderseits nur gemäss den Dogmen des etablierten Christentums (und anderer Heilslehren) areligiös ist, sein Leben unter gewissen Umständen beenden zu wollen, gibt uns Ramón gleich am Anfang des Films zu verstehen, indem er sich vom Grammophon das todessehnsüchtige Vorspiel zum dritten Aufzug von Wagners "Tristan und Isolde" vorspielen lässt. K. M., Zürich Web-Links zum Film: www.cineman.ch/movie/2004/MarAdentro/ review.html, www.imdb.com wohin er will? Der Film zeigt wiederholt, wie Ramón in Gedanken über Berge und Wälder oder über das Meer fliegt, aber er zeigt auch die unausweichliche Ernüchterung am Ende dieser Träume. Man möchte fast sagen: er zeigt, wie Ramón tausendmal seelisch stirbt, gerade weil er am Leben bleibt, während er durch den Suizid nur einmal und ohne weitere Folgequalen stürbe. – Und warum dieses Leiden an der Bewegungsunfähigkeit? Weil alles Seelische letztlich körpergebunden ist, weil es Materielles voraussetzt, reflektiert und anstrebt. Das den Film durchziehende Liebesthema belegt dies eindrücklich: Liebe entzündet sich an Körperlichem, wird körperlich empfunden und strebt nach körperlichem Ausdruck. Dem armen Ramón sind dazu zwar nicht die Lippen versiegelt, wohl aber die Hände "gebunden". Wie wichtig körperlicher Ausdruck uns Menschen ist, zeigt abermals eine Reaktion des Neffen sehr eindringlich: Als Ramón weggefahren wird, um ausserhalb seines Hauses sterben zu können (sein Bruder lehnt seinen Wunsch ebenso wütend wie kategorisch ab), als der Wagen also davonfährt, da rennt der Neffe diesem noch 100 Meter nach, als ob er seinen Onkel damit noch zurückholen könnte. Solche Erfahrungen zeigen die Phrasenhaftigkeit dessen, was der Priester gegen Ramón vorzubringen hat: "Das Leben ist viel, viel mehr wert als nur Laufen und Springen." Wenn man bedenkt, dass Ramón ja auf tausendmal mehr als nur aufs Laufen und Springen verzichten muss, wirkt das Argument fast schon so dämlich wie: "Gut essen ist viel, viel mehr als nur Kauen und Schlucken." Zugegeben, Daten Zentralvorstand Sa., 27. August 2005, in Bern Grosser Vorstand 2005 Neues Datum Sa., 19. November 2005, in Olten DV 2006 So., 21. Mai 2006, in Bern in den Sektionen Agenda Basel – Union Jeden letzten Freitag im Monat ab 19:00 Uhr: Freie Zusammenkunft im Restaurant "Storchen" Basel. Basel – Vereinigung Jeden letzten Donnerstag im Monat 15 bis ca. 17:30 Uhr: Donnerstag Hock Restaurant "Park", Flughafenstr. 31. Bei schönem Wetter im Gartenrestaurant. Bern Montag, 4. Juli ab 19:00 Freie Zusammenkunft Freidenkerhaus, Weissensteinstr. 49B Winterthur Mittwoch 6. Juli Mittwochstamm Restaurant "Chässtube" 19:30 Zürich Dienstag, 12. Juli 2005 ca. 14.30 Freie Zusammenkunft im Restaurant "Grünwald" Für Fussgänger mit Bus 69 und Bus 80 bis ETH-Hönggerberg von dort zu Fuss bis Grünwald ca 45 Min. oder mit Bus 46 und 89 bis Geeringstr. umsteigen in Bus 485 bis Grünwald. Voranzeige August Keine Dienstagsversammlung. Sonntag, 7. August ca. 12:00 Grillfest auf dem Sternenberg Zürich HB ab: 10:25, Bauma an: 11:13, Bauma ab: 11:24 mit Bus, Sternenberg an 11:41. Grillgut und Getränke stehen zur verfügung. Kostenbeteiligung Fr. 15.-pro Person. Anmeldung schriftlich oder telefonisch an den Präsidenten bis 1. August 2005 unerlässlich. FREIDENKER 7/05 7 FVS Freidenker-Vereinigung der Schweiz Mitglied der Weltunion der Freidenker (WUF) und der Internationalen Humanistischen und Ethischen Union (IHEU) Trauerfeiern Basel (Vereinigung) 061 401 35 19 oder 061 321 31 48 Basel (Union) 061 321 39 30 oder 061 601 03 23 Bern 031 372 56 03 oder 031 911 00 39 Grenchen 076 53 99 301 oder 032 645 38 54 Luzern und Innerschweiz 041 420 45 60 Schaffhausen 052 337 22 66 St. Gallen 052 337 22 66 Vaud Waadt 026 660 46 78 ou 022 361 37 12 Winterthur und Thurgau 052 337 22 66 Zürich 044 463 16 55 Falls unter der regionalen Nummer niemand zu erreichen ist: Zentralsekretariat FVS 032 641 26 24 oder 052 337 22 66 Sektionen Freidenker-Vereinigung Basel und Umgebung Postfach 302, 4012 Basel *auch Fax Präsidentin: Y. Andrek 061 401 35 19* Vizepräsidentin: B. Bisig 061 321 31 48* Kassier: R. Wenger Tel. 061 692 86 27 Fax 061 692 86 28 Mitgliederdienst: R. 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Diem 071 222 47 54 Associazione Svizzera dei Liberi Pensatori (ASLP) Sezione Ticino Casella postale 721, 6902 Paradiso Presidente: R. Spielhofer 091 994 21 45 Ass. vaudoise de la Libre Pensée Case postale 5264, 1002 Lausanne Président: J.P. Ravay 022 361 94 00 Secrétariat: 026 660 46 78 Winterthurer Freidenker Postfach 1806, 8401 Winterthur Präsident: J.L. Caspar 052 337 22 66 Sekretariat: D. Dünki 052 222 98 94 FVS-Ortsgruppe Zürich Postfach 7210, 8023 Zürich Präsident: H. Rutishauser Tel./Fax 044 463 16 55 MitgliederM. Dobler dienst: Tel. 044 341 38 57 FREIDENKER - BIBLIOTHEK Zürich, im Sozialarchiv Stadelhoferstr. 12 (Nähe Bellevue) Bücherausgabe: Mo. - Fr. 10–20 Uhr Sa. 10–13 und 14–16 Uhr Auskunft: 01 251 80 66 Zentralsekretariat Mitglieder melden ihre Adressänderungen bitte an die Sektionen. 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